Leone XIV: solidità e dolcezza di un figlio genuino di Sant’Agostino

Leone XIV: solidità e dolcezza di un figlio genuino di Sant'Agostino

Il Papa giusto al momento giusto

Sebbene il nome di Roberto Francis Prevost fosse dato fra i papabili più probabili da i veri conoscitori delle vicende vaticane e della Chiesa, la sua elezione si sta manifestando in tutta la sua opportunità.

Leone XIV rappresenta la solidità di cui la Chiesa ha bisogno in questo particolare momento della Storia. Una direzione univoca e uniforme di pensiero e di intenzioni che non può e non deve essere slegata dalla dolcezza e dalla mitezza espressiva che riconduce alla serenità agostiniana.

In un’epoca in cui, anche a causa del selvaggio utilizzo dei media, esiste il serio pericolo di derive assurde e personalistiche del pensiero religioso, un Papa solido sia nelle espressioni che nel comportamento è la giusta prosecuzione dell’opera del Papa che ha posto al centro dell’attenzione l’aspetto dimenticato della misericordia.

Si tratta della naturale evoluzione delle indicazioni di Francesco attraverso il consolidamento dei concetti all’interno della Dottrina. La crescita avviene, infatti, sempre in conseguenza a uno strappo che deve essere incisivo, per far accogliere in modo corretto e ragionato i concetti che si vogliono esprimere.

Prevost è figlio del nostro tempo, ma anche conscio della ricchezza della tradizione: un valore aggiunto che non deve ostacolare il progresso di una Chiesa che è in cammino e non ferma in sé stessa.

I credenti possono dunque legittimamente vedere l’intervento dello Spirito Santo in questa elezione, come in tutte le altre.

Quello che sarà il futuro della Chiesa è nelle mani sapienti e creatrici di Dio, che come sempre terrà conto del libero arbitrio che ha ogni uomo e dunque ogni Papa, raddrizzando verso il massimo bene ciò che sarà eventualmente storto, come è sempre stato nella storia millenaria dell’Umanità, secondo una visione eterna.

Satana e il Male: un argomento scomodo

Satana e il Male: un argomento scomodo

Il rapporto fra l’Uomo e il più grande dei problemi esistenziali

Il male è qualcosa che ha sempre turbato l’Umanità, incapace di dare una spiegazione a quelle che sembrano ingiustizie, soprattutto quando colpiscono un “giusto”.

Noi credenti sappiamo che Dio con la sua Parola Creatrice, ha posto in esistenza cose visibili e cose invisibili. Proprio in questa classificazione sta la differenza fra credenti e atei. I fedeli credono che esistano anche enti immateriali (in pratica: il mondo non è composto solo ed esclusivamente da materia). Questa non è una convinzione astratta, ma parte proprio dal principio base della Fisica, la quale afferma che nulla si crea dal nulla. Deve però esserci stato un inizio della materia, ed è qui che le strade fra atei e teisti si divide.

Con l’accettazione dell’esistenza di cose invisibili, viene più logica l’accettazione della natura spirituale di alcuni enti, e fra essi c’è Satana.

La convinzione della Chiesa Cattolica è dunque quella che prevede l’esistenza di Satana (il divisore, il tentatore, il nemico, l’angelo ribelle): inutile girarci intorno!

Una delle astuzie preferite e efficaci del Maligno, è quella di far credere o pensare di no esistere: se non esiste allora tutto è concesso.

Il Male colpisce tutti, e non c’è una via preferenziale per chi è “buono”. Isaia, già almeno sette secoli prima dell’avvento di Gesù, ci aveva avvertito che il Cristo sarebbe stato un servo sofferente.

Il dilemma, che vedremo poi è solo apparente, sorge quando ci chiediamo perché Dio, Creatore buono, permette il male.

Qui dobbiamo stare molto attenti al significato dei problemi esistenziali più diffusi, ovvero chi siamo, dove andiamo e perché esistiamo. C’è una graduatoria delle motivazioni per cui l’Uomo, la più perfetta macchina che esiste in natura, l’unico essere vivente veramente pensante sulla terra, dotato non solo di pensiero, ma anche di capacità di ragionamento complesso e coscienza, è diverso da tutte le altre creature.

La nostra Fede, ma anche quella di tutte le grandi religioni monoteiste, spiega con la grande metafora contenuta nella Genesi, le motivazioni della Creazione.

Dio non sarebbe il Padre buono e perfetto che è, se non avesse lasciato libere le sue creature: avrebbe creato per egoismo delle marionette con cui divertirsi, un po’ come credevano i deisti greci e romani antichi.

Questa libertà non fu riservata solo alle creature visibili (materiali), ma anche a quelle invisibili (spirituali). Viene quindi facile comprendere che se una di queste ultime sceglie di misurarsi con il proprio creatore, essa può farlo, esattamente come può farlo la creatura materiale che non crede.

Ma se questa logica spiega l’esistenza del Male, dobbiamo fare un altro e più incisivo sforzo per comprendere perché Dio accetta che esso esista.

Aiutiamoci cambiando prospettiva e usiamo invece di accettare, la frase “prendere atto”. In rispetto alla libertà, Dio prende atto che l’Uomo (materiale) o lo spirito (immateriale) possa causare del male.

Non bisogna però cadere nell’errore di pensare che Dio non intervenga.

Il Padre Eterno non abbandona nessuna delle sue creature, solo che non interviene secondo la nostra logica, le nostre aspettative limitate, i nostri obiettivi umani. Dio bada al sodo!

Ci ha dato però il motivo per credere a questo suo intervento costante e decisivo: la Croce.

Al tempo di Gesù venivano crocifissi solo coloro che erano indegni addirittura di un riconoscimento umano, come reietti, schiavi, ultimi fra gli ultimi. Il supplizio della croce era vietato nell’applicazione a un cittadino romano. Lo stesso San Paolo, Saulo da Tarso, cittadino romano per antico privilegio accordato alla sua città natale, fu decapitato, mentre Pietro fu crocifisso.

Ma la croce significava anche qualcosa di peggio. A questa morte (la più atroce fra tutte) era associato il disprezzo più assoluto, una condizione che si applicava per dimostrare che il condannato contava meno delle bestie.

Alla crocifissione erano associate altre pene, quale la flagellazione, il dileggio, gli insulti, gli sputi, il disprezzo totale a cui il condannato veniva volutamente esposto. Ne derivava una condizione di azzeramento di ogni dignità umana.

Ebbene, in questa condizione che sembra essere quella più estrema dell’applicazione del male e della sofferenza più atroce, Dio è intervenuto trasformandola in Salvezza, vittoria della morte e viatico di Vita Eterna. Dio dunque trasforma OGNI male in bene per le sue creature che accolgono il Cristo.

Non pretende che ognuno di nopi salga su una croce per salvarsi, ma ci conferma la garanzia che il male derivato dalle libere scelte concesse all’Umanità, non potrà mai essere definitivo, ma sarà trasformato in Bene Assoluto e Eterno dal Dio Creatore.

Questo ci insegna inoltre che non dobbiamo temere oltremisura il demonio, destinato a essere sconfitto, ma a non fare l’errore di farci convincere che non esista.

Superficialità e scarsa fede: un problema preoccupante

Superficialità e scarsa fede: un problema preoccupante

Manca l’attenzione a ciò che invece è essenziale

«Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda».

(Dalla liturgia).

«Come può costui darci la sua carne da mangiare?». È questa la domanda dei Giudei. Ed è questa, se vogliamo essere sinceri, la domanda di molti di noi. Come è possibile che nel pane e nel vino consacrato Gesù sia presente realmente in corpo, sangue, anima e divinità? Come è possibile che sia presente davvero, se fisicamente non c’è?

Oggi molti credenti, anche praticanti, non credono alla presenza reale di Gesù nelle specie eucaristiche. Molti pensano sia solo un simbolo. E questa è una cosa grave. Gesù nell’Eucaristia è presente davvero. Se ne fossimo convinti davvero non saremmo così superficiali nel considerare l’Eucaristia.

Oggi molte persone non si inginocchiano a Messa durante la consacrazione, si accostano all’Eucaristia in modo superficiale, non si fermano a ringraziare per un momento al termine della Messa ma si perdono in chiacchiere, mentre il Signore è realmente presente in noi per quindici-venti minuti, finché l’ostia consacrata non viene assorbita dal nostro corpo. E peggio: molte persone si accostano all’Eucaristia senza essersi confessate, pur avendo commesso dei peccati gravi. Questo significa che noi non pensiamo che nell’Eucaristia Dio ci sia davvero. Invece c’è.

Amoris Laetitia: la dolcezza di un cuore circonciso

Un'esortazione apostolica che apre alla comprensione e alla gioia dei figli di Dio

Un’esortazione apostolica che apre alla comprensione e alla gioia dei figli di Dio

Sono innumerevoli gli spunti che possiamo trarre da ogni documento della Chiesa, e la Amoris Laetitia non fa certo eccezione.

Siamo così costretti a trarre solo qualche spunto per volta, per poter analizzare la profondità del pensiero che vi è espresso in relazione all’amore e alla convivenza degli uomini in piena fratellanza.

L’aspetto familiare emerge in tutta la sua importanza e responsabilità, sia davanti agli uomini, che davanti a Dio, ma anche e soprattutto davanti a sé stessi, affinché l’uomo sia veramente degno della sua essenza.

Come sempre la Parola di Dio crea motivi di riflessione e condizioni per porsi dinnanzi a sé stessi, con la conseguenza che si percepisce spesso scomoda.

Di fronte alla messa in discussione del nostro io, molte volte si reagisce con chiusura o contestazione preventiva, invece che con l’approfondimento.

Amoris Laetitia affronta varie pieghe della convivenza coniugale, anche precisando l’importanza dell’aspetto sessuale nell’ambito di un rapporto di amore e donazione reciproca.

Un capitolo che va attentamente valutato, è quello relativo all’accoglienza e alla misericordia, quest’ultima intesa come comprensione e non giustificazione. I Padri Sinodali hanno preso atto della situazione delle famiglie nel mondo, in cui il matrimonio sacramentale ha trovato negli ultimi decenni sempre meno spazio.

Dinnanzi alle situazioni irregolari secondo la dottrina cristiana, ci si deve porre tenendo presente che cercare di capire non significa approvare. Le circostanze della vita possono essere avvertite molte volte quasi come coercitive, e l’uomo reagisce da uomo…

La comunità si trova dunque davanti a un bivio costituito da due direzioni opposte: allontanare o cercare di reintegrare.

La comprensione umana si propone come unica strada percorribile per ravvivare un dialogo e analizzare i casi specifici, con l’obbiettivo di accogliere e non disperdere il patrimonio che uomini e donne costituiscono agli occhi di Dio.

Questo non vuole dire che accesso ai Sacramenti o piena giustificazione siano sdoganati a chi vive in condizioni che siano al di fuori delle prescrizioni dottrinali, ma significa lasciare aperta a Dio la porta per parlare al cuore a tante persone, attraverso la voce e la comprensione umana della comunità cristiana.

Quello che richiama Amoris Laetitia è dunque il ricorso a un cuore circonciso, non solo da parte del peccatore, ma soprattutto da chi svolge la funzione cristiana dell’accoglienza. Gesù ha indicato l’accoglienza del reo e del peccatore (Mt 25,35-44), e sicuramente voleva esprimere questi concetti.

San Atanasio il Grande, Dottore della Chiesa

Patriarca di Alessandria, venerato come Santo da Cattolici, Ortodossi e Copti, ricordato nel Libro dei Santi anglicano e luterano

Patriarca di Alessandria, venerato come Santo da Cattolici, Ortodossi e Copti, ricordato nel Libro dei Santi anglicano e luterano

Atanasio di Alessandria, nato a Alessandria d’Egitto fra il 293 e il 295, e morto, sempre ad Alessandria il 2 maggio 373, è uno dei quattro Padri della Chiesa Orientale che furono definiti “il Grande”, insieme a Antonio Abate, Basilio e Fozio (quest’ultimo non riconosciuto dalla Chiesa Cattolica. È anche insignito del titolo di Dottore della Chiesa per la sua lotta convinta e dotta circa la natura di Gesù, il dogma della Trinità e la difesa del Credo di Nicea.

Fu un sapiente filosofo e dimostrò una profonda conoscenza delle opere di Platone, Aristotele, di Omero e del neo-platonismo.

A causa della sua fede ferma, fu perseguitato attraverso numerosi arresti, esili e calunnie. Fu accusato addirittura di aver ucciso il Vescovo meleziano Arsenio, fino a quando, con un colpo di scena magistrale, lo invitò e mostrò in vita al Concilio di Tiro. Fu anche accusato di aver rotto un calice sacro (il calice di Ischyros).

Nel 341, Papa Giulio I convocò un Sinodo che riconobbe l’innocenza di Atanasio e la sua correttezza dottrinale.

Elezione del Papa, perché è importante per tutti

Elezione del Papa: perché è importante per tutti

Non solo suggestione

L’elezione del Papa costituisce un momento rilevante nel panorama planetario. La suggestione dei riti e delle dinamiche che ruotano attorno a questo giustificano solo in minima parte l’interesse che il mondo intero rivolge a questo evento.

Il Papa rappresenta, sia per i credenti che per i laici o gli aderenti a religioni diverse da quella cristiana, un punto di riferimento che si esprime in un linguaggio internazionale: quello dell’etica e della morale.

Al Sommo Pontefice, pur non essendovi obbligati, guardano continuamente i capi di Stato di tutto il mondo, e ogni parola pronunciata dal Vescovo di Roma ha eco intercontinentale.

Anche gli ultimi sviluppi relativi ai colloqui di pace hanno confermato che l’influenza, seppur non condizionante dell’opinione del Papa, pesa sui giudizi dei popoli.

E il punto sta proprio in questo concetto: il parere e le parole del Papa, non sono condizionanti, ma invitano a riflettere perché sono sempre ad alto contenuto sostanziale sotto l’aspetto etico. Il Papa è colui che ricorda all’uomo la propria completezza, costituita dall’insieme di cuore e cervello, razionalità e sensibilità, ragione e sentimento.

L’elezione papale è dunque vissuta con vivo interesse da tutti, laici o credenti, in funzione dell’attesa ad una evoluzione della visione umana.

La recente enciclica di Papa Francesco è stata molto esplicativa. Il titolo, «Dilexit Nos» (= Ci ha amati), ha invitato il mondo a pensare al cuore, e in particolare al Sacro Cuore di Gesù. Senza l’apporto del cuore l’uomo non è uomo. La differenza con le altre specie viventi sta proprio qui: non possiamo attribuire a un’altra specie vivente le responsabilità che sono proprie dell’uomo. Un animale non può che essere sé stesso, non può “disanimalizzarsi”, non esiste il termine “disanimale”. Esiste invece il termine “disumano” proprio perché esiste il pericolo che l’uomo possa spogliarsi del suo essere.

Il Papa, dunque, ricorda tutto ciò all’Umanità, e quanto dice il più delle volte risulta scomodo, ma è sostanziale.

Viviamo quindi con fiducia e speranza questa prossima elezione, nella certezza dei Cattolici che lo Spirito Santo è invocato e interverrà.

Dopo l’elezione il Papa sarà lasciato al suo libero arbitrio, ma noi dobbiamo pregare affinché lo Spirito Santo illumini la mente dei Cardinali elettori, per esprimere il nome migliore possibile per questo momento storico.

I tempi di Dio e la nostra crescita

I tempi di Dio e la nostra crescita

La guarigione del cieco di Betsaida

Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».
(Dalla liturgia)

Il cieco di Betsaida è stato guarito da Gesù. Ha recuperato completamente la vista. Ma non l’ha recuperata subito. La sua guarigione è stata una cosa progressiva.

L’incontro con il Signore ha prodotto i suoi effetti con gradualità. Il percorso di conversione, cioè di guarigione spirituale che il Signore ci indica e sul quale ci guida, non è una cosa istantanea. Certamente c’è un momento in cui il cambiamento della vita di chi decide di seguire il Signore è più risoluto, ma poi è sempre necessario proseguire nel cammino di conversione, vigilare per non tornare all’antico modo di vivere e di pensare.

Il cammino di chi segue il Signore ha bisogno di uno sforzo continuo e progressivo per non disperdere i buoni frutti che l’incontro con Dio ha portato nella nostra vita.

Epifania: la prima fra le manifestazioni

Epifania: la prima fra le manifestazioni

Cosa rappresenta la solennità del 6 gennaio

La chiamiamo in diversi modi: Epifania o, in modo profano, festa della “befana”. In realtà, chi frequenta la Chiesa è al corrente che questa ricorrenza è relativa a una manifestazione (dal greco ἐπιϕάνεια, epifaneia = manifestazione). Si tratta dunque della manifestazione del Signore ai Magi.

L’esegesi moderna ci spiega che ricordiamo il mostrarsi di Gesù a tutte le genti, e dunque anche ai popoli pagani.

Madre Chiesa celebra questa ricorrenza aprendo un trittico di manifestazioni. Domenica prossima avremo infatti la solennità del Battesimo di Gesù, che indica il rivelarsi del Signore a Israele, e la domenica successiva l’auto-rivelazione del Cristo come Figlio di Dio in mezzo agli uomini, alle nozze di Cana.

È un percorso altamente significativo, perché è come se Gesù ci chiedesse di accettarlo nella nostra vita, domandandocelo per tre volte.

La solennità dell’Epifania va vissuta dunque con gioia, ed è giusto festeggiare, ma dobbiamo ricordarci della fratellanza, a cui il Cristo si riferisce, manifestandosi a tutti.

La preghiera di Gesù dopo i pasti

La preghiera di Gesù dopo i pasti

Gesù osservò scrupolosamente la legge ebraica, portandola a compimento

I Cristiani, e noi Cattolici in particolare, sappiamo benissimo che Gesù non ha cancellato l’Antico Testamento, ma lo ha portato a compimento rendendo l’Alleanza con l’uomo eterna. La conferma l’abbiamo dal rispetto che il Cristo dimostrò per le tradizioni vere del mondo ebraico.

Siamo autorizzati dunque a credere che Nostro Signore adempisse a tutti gli aspetti rituali, compreso dunque quello della “Preghiera del nutrimento”.

Gli Ebrei, allora come oggi, non pregano prima dei pasti, ma solo dopo, con il Birkat Hamazòn (ברכת המזון), ovvero una serie di benedizioni prescritte dall’Halakhah (legge ebraica) da recitare dopo aver consumato un pranzo o una cena in cui si è mangiato il pane o il matzah (pane azzimo), contenenti dunque farina o segala o orzo o avena o farro.

Questo tipo di ringraziamento si fa risalire al grande patriarca Abramo, il quale, ospitando nella propria tenda, invitava gli intervenuti, dopo i pasti, a ringraziare Dio. Qualora non avessero voluto farlo, Abramo annunciava di esigere 10 monete d’oro per il pane, 10 per il vino e altre 10 per il resto del cibo. A seguito di ciò, verosimilmente tutti i commensali accettavano di ringraziare il “Dio di Abramo” (dal testo di Rabbi Moshe Weissman, Il Midrash racconta, codice ISBN: 88-86674-52-2).

Nel Birkat Hamazòn sono previste quattro benedizioni: per il cibo, in ricordo di quando il popolo ebraico fu sfamato nel deserto; per la terra, per il ricordo del raggiungimento della Terra Promessa; per Gerusalemme e il Tempio, e infine per la bontà divina di Dio.

Dopo aver scandito le benedizioni, seguono altre preghiere rivolte a Dio, che iniziano invocandolo con il termine di Misericordioso o di Clementissimo.

Questa preghiera è stata certamente recitata dopo l’Ultima Cena di Gesù.

Il rito della cena di Pasqua (o Pesàch) prevede anche altre benedizioni durante lo svolgimento, ed è prescritta anche una sorta di zuppa di erbe amare, nella quale tutti i commensali intingono il pane. Da qui l’allusione di Gesù al traditore Giuda che intinse il boccone con Lui.

Madre Chiesa ci invita a ricordarsi della generosità di Dio, prima ancora di iniziare a consumare il pasto: un’abitudine che ci unisce spiritualmente al Padre.

AVVISO IMPORTANTE

La Santa Messa della XXXIII domenica del Tempo Ordinario, prevista per domani, è

ANTICIPATA A OGGI, sabato 16 novembre, alle ore 17.00, per indisposizione momentanea di Don Luciano, e sarà celebrata dal Vicario Foraneo Don Enrico Giovannini.